Ed Ural fu 2002 - Due su tre ruote

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Ed Ural fu 2002

Le nostre storie
E’ da qualche tempo che ho preso il computer e che ho iniziato a navigare in internet. Nel mondo virtuale è molto facile incappare in sorprese che possono aprirti tutto un mondo. Maria ormai é malata da qualche anno ed io ho dovuto abbandonare la mia passione per le due ruote per poter passare il mio tempo libero in sua compagnia. Così ho iniziato a pensare al sidecar, più che come possibile soluzione, ad un bel sogno. In effetti, prima di avere contatto con internet non sapevo nemmeno che ne esistessero ancora e che quelli che si vedevano in giro fossero solo dei residuati bellici oppure gioielli di alcuni rari collezionisti. Ma ecco il miracolo! Consulto www.moto.it ed incappo in questo mezzo, un Ural 650 rossa del ’95. Non è un mezzo d’epoca, è in perfetto stile retrò, ha pochissimi chilometri. In una parola “perfetta!” Non potevo sperare di meglio, era l’oggetto dei miei desideri che avrebbe accompagnato me e Maria a spasso per il mondo. In fin dei conti quei motori sono lenti ma indistruttibili! A dire il vero non sapevo nemmeno dell’esistenza del marchio di Irbit fino ad allora, ma una replica delle BMW del ’40, con le tecnologie odierne mi aveva fatto pensare che fossero appunto, lente ma affidabili, un po’ come le UAZ, veicoli inarrestabili, tutto ferro post sovietico! Ogni sera mi collegavo e me la osservavo, ho fatto così per alcuni giorni e nel frattempo presi informazioni su che patente ci volesse, quanto mi sarebbe costata in bollo e assicurazione ecc. Finché non presi contatto con Franco di Rodengo Saiano in provincia di Brescia. Mi disse che la moto era perfetta, che bisognava stargli un po’ dietro con la manutenzione, ma che mi sarebbe piaciuta senz’altro. A dire il vero mi avrebbe anche potuto dire che avrei fatto più chilometri al traino che in sella ma non so se gli avrei dato retta, il pesante triciclo post sovietico mi aveva già stregato!!! Mi accordai per andarlo a provare il sabato ma a Maria dissi: “Io e Giorgio dobbiamo andare a vedere un lavoro vicino a Brescia…” Non mi fece nemmeno finire la frase che era già di fianco al furgone. Arrivato in zona telefono a Franco che ci viene in contro ed ancora la Sgionfadura non sospetta nulla. Arriviamo in un parcheggio adiacente casa sua ed ancora Maria non pensa nemmeno che non possa essere un mio cliente. La aiuto a scendere e andiamo verso i box, solleva la serranda e appare davanti a noi il sederone rosso fiammante dell’Ural. Maria si illuminò in viso, con lo stupore dei bambini quando aprono un pacco e vi trovano dentro il giocattolo tanto ambito. “E’ un po’ che è ferma ma non dovrebbe avere problemi di messa in moto!” Le parole di Franco ci sfiorano appena, Maria mi guarda e mi dice: “La prendiamo?”
“Non so, devo provarla almeno!” le rispondo
“Dai… la prendiamo?!” Insiste
“Adesso vedia…” Ma mi interrompe e perentoria: “La prendiamo!!!”
Aveva già deciso ed a me andava benissimo lei a decidere quello che in verità ormai avevo deciso da alcuni giorni, per nulla al mondo avremmo potuto lasciarci sfuggire quel sogno di ferro su tre ruote. Franco portò fuori il sidecar, aprì il rubinetto della benzina ed azionò la leva della messa in moto, al secondo colpo un rombo regolare ed emozionante ci riempì le orecchie. Portò il triciclo su dalla rampa dei box e poi mi disse: “Provalo, ma attento a destra e se non ne hai mai provato uno sarebbe meglio che tu non esca dal parcheggio!” Con un po’ di timore montai sul grosso sellone triangolare, tirai la frizione ed ingranai rumorosamente la prima, mollai piano bilanciando col gas, fu subito amore! Feci solo due giri del parcheggio e poi la diedi in mano al padrone, non volevo approfittare tanto sapevo che di lì a poco sarei tornato per portarla via con me. In effetti già il lunedì presi il treno ed andai a prendere il mio sogno su tre ruote, ancora due giri di parcheggio per abituarmi un po’ e poi via sulla statale. Nel tragitto che porta da Rodengo Saiano a Pioltello, una settantina di chilometri, mi sembrava di volare. Pian piano mi rendevo conto delle caratteristiche di quel veicolo: dei freni a tamburo che più che frenare rallentavano un pochino la corsa del veicolo, un cambio che andava azionato con la dolcezza di un maniscalco, e quel carrozzino che se non stavi attento si proiettava verso l’alto, quasi a voler prendere il volo, insomma la moto perfetta. Traversando i paesi, gli sguardi dei passanti erano tutti focalizzati sull’insolito mezzo e quando i miei occhi incrociavano i loro, un sorriso si apriva spontaneo sui volti di tutti. Anche loro erano rimasti stregati dal fascino immortale di quel sidecar, altrimenti come si spiega che sorridevano anche ad uno con una faccia da orco cattivo come me!!!
Forse da lì in poi non saranno state sempre rose e fiori, ma l’innamoramento per le tre ruote non è certo scemato e quella vecchia Ural che poi avremmo battezzato Cariatide, ci ha fatto diventare sidecar-dipendenti.


Marco





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